LA CULTURA VA IN SOFFITTA
La cultura oggi serve ancora a qualcosa?
Riconoscendo la funzione primaria del libro, LIBRARIA Il Palcoscenico del Libro lancia una provocazione irriverente: poiché sembra essere assodato che la cultura sia più un peso che altro, allora perché non riporla tutta in soffitta in mezzo a vecchi slittini, televisori a tubo catodico ormai rotti e a scatoloni di cianfrusaglie che non useremo mai più? Tanto non è più utile a nessuno, giusto? Questo sarebbe il messaggio che molti vorrebbero trasmettere. Per questo motivo, l’abbandono all’oblio viene messo in mostra, musealizzato, esaltato dai contrasti cromatici e dalla combinazione di elementi.
Secoli e secoli di erudizione, conoscenza, letteratura, ricerca caratterizzano la nostra specie: affinare l’intelletto, trovare risposte a domande in sospeso, descrivere e narrare ogni aspetto dell’esistenza in centinaia di migliaia di modi diversi. Oggi, tutto questo sembrerebbe perduto. L’interesse nella cultura, il piacere della lettura, lo spirito critico d’osservazione che hanno contraddistinto i nostri predecessori si è affievolito, divenendo una labile fiammella, custodita e alimentata da pochi.
Al piacere della lettura si è sostituito il gusto frivolo e nonsense dei reality televisivi. Allo studio e al graduale perfezionamento intellettuale si preferisce il veloce apprendimento online con fini meramente lavorativi. Al contenuto si preferisce la forma. Questo è un morbo che ormai affligge la nostra società sin dall’affermazione dell’utilitarismo e del consumismo, massificato dai social e dal mondo patinato degli schermi. Ciò viene confermato amaramente anche dal mondo del lavoro, ove si prediligono le persone poco formate perché “chiedono di meno” rispetto ai laureati. Allora, perché studiare? Perché formarsi? Oggi, tutto questo sembra essersi stabilizzato in un precario equilibrio: s’impara solo il necessario, si affina solo ciò che esteriore, ciò che appare, ciò che illude o ipnotizza; la stasi intellettuale diventa una necessità, una costante, languida certezza.
Eppure gli strumenti dell’intelletto non possono essere sradicati del tutto. Lo afferma Borges quando dice: “Fra i diversi strumenti dell’uomo, il più stupefacente è, senza dubbio, il libro. Gli altri sono estensioni del suo corpo. Il microscopio, il telescopio, sono estensioni della sua vista; il telefono è estensione della voce; poi ci sono l’aratro e la spada, estensioni del suo braccio. Ma il libro è un’altra cosa: il libro è un’estensione della memoria e dell’immaginazione”.
Riproducendo una soffitta in cui, tra bici, televisioni, cornici, giochi per bambini e altri oggetti, si moltiplicano scatoloni e scatoloni di libri, si parla di annullamento ma anche di rinascita: in contrasto al grigiore degli oggetti impolverati e inutilizzati, esplodono i colori delle copertine, le frasi degli autori del passato si riversano sulle bacheche, sui quadri, sulle pareti, rappresentando il sordo grido di una cultura ancora vibrante, ancora presente.
Oggi la cultura è ancora utile? Serve forse a qualcosa? Noi affermiamo di sì, anche solo per poter riflettere. Anche solo per poter rappresentare ancora quello che siamo. Esseri pensanti. Esseri umani.